Pera Paolo

EURIDICE

Sospiri tra i papaveri, solingo
Tono nel portico oscuro… Ma a volte
Un sorriso, se penso al perso riso
Di secoli trascorsi, e le vedute
Cose, delizie nei passanti, forme
Così contorte e snelle, gentilezza
Che fa sembrare strano il generoso,
Ché forse più conviene un’altra faccia
Siccome Orfeo, da Menadi ucciso,
Fu smembrato, ma sopravvisse pure
Quel suo visetto efebico, da infante,
Sebbene prima venne qui nell’Ade
Cercando di raccogliermi dal nero,
E seppe far pur piangere Plutone
Dicendo dell’amore che mi vuole,
E tutti, a me, soggiunsero: «Attenzione,
Se guardi il cupo potrai sortire»,
Eppure ebbi l’ardire di scrutare
La luce ed Ade mi poté ghermire –
La verità che dice l’intenzione
Mi porta a confessare che sto bene
Qui pure, bellamente, nel dolore:
V’è come dolce, tenero sentire
Questo vuoto che dà sospirazione.

LA TOMBA DELLA TRISNONNA & CO.

Sporca la tomba della mia trisnonna,
Coi fiori secchi da decenni… È scritto
«In stato d’abbandono», rimozione
Prefissata per tante, tante lune…
Oppure una soltanto, già passata:
Ottobre ventidue, ma ora siamo
Nel marzo ventitré… Povera, è stata
Pur nella rimozione abbandonata.
Ed io piango la lastra d’un amico
Con cui sono cresciuto, vado e dico:
«Che scemo che sei stato…», sulla foto
Il bacio delle dita. Intono l’aria
Del baritono mancato, stonato…
«All’alba vincerò!», ma già la sera
Si sente nelle ossa (una giovanezza
Che non s’è fatta mai sentire), e pure
Il bisnonno non trovo in colombaia:
L’han tolto nel 2009… Penso
A quando, da bambino, fuï offeso
Per lui che vide l’estumulazione;
E quella della madre (monumento?)
Mi piacerebbe adesso ripulire,
Se per salvarla potesse servire…
Poi, di ritorno a casa, sento dire:
«Di cimiteri non me ne parlare!»,
Ed io: «Che credi? Non vorrei morire,
Ma tu (senza richiedermi il permesso)
M’hai messo nella vita. Chi l’ha chiesto?»,
«Se non stai zitto, giuro, ti fo male!».
«Moriremo, ma dài… non t’arrabbiare».